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Il giorno stesso della Risurrezione, mentre gli Apostoli, ancora timorosi, si trovano riuniti nel luogo dove avevano cenato con Gesù la sera prima della sua passione e morte, ecco che egli – entrando a porte chiuse – appare in mezzo a loro e li saluta: «Pace a voi!». Queste parole sono molto più di un saluto: sono il dono della pace che Gesù aveva promesso. Gli apostoli, però, sono così stupiti da non riuscire a credere d’avere davanti il loro Maestro risorto e vivo. Gesù, per dissipare il loro timore e vincere la loro incredulità, chiede qualcosa da mangiare e prende cibo alla loro stessa mensa.



(Lectio divina su 1 Cor 3,10-13; 4,8-13)
 

   Nella casa del Signore siamo tutti poveri servitori e nello stesso tempo siamo tutti scelti e chiamati come preziosi collaboratori; nessuno è escluso. Dio ci chiama a lavorare nella sua vigna singolarmente e comunitariamente. Fin dall’inizio della Chiesa, fin dalla prima comunità di Gerusalemme (cf. Atti 2-3), i discepoli del Signore hanno sentito il bisogno di sostenersi a vicenda nell’opera evangelizzatrice e hanno formato comunità capaci, a loro volta, di generare alla fede coloro che si convertivano dal giudaismo o dal paganesimo accogliendo il Vangelo.

bigchiostro

Conoscere Dio attraverso la sua Parola

La “Lectio divina”

Ecco, ora il tempo favorevole… E ancora: È ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno».

Il tempo è una realtà che ci fa comprendere e sentire tutta la fragilità della nostra vita umana, terrena Il tempo ci consuma fisicamente, ma noi siamo creati per l’eternità.

Tuttavia non bisogna pensare che il tempo ci sia “nemico”; sono assurdi tutti quei comportamenti che vogliono – inutilmente del resto – combattere contro il tempo, sentendolo come un avversario, perché anche il tempo è dono di Dio, che ce lo ha dato come un mezzo di “trasporto” verso la mèta.

Molte sono le immagini usate nella Sacra Scrittura, nella tradizione patristica e nei documenti del magistero ecclesiale, per far intuire che cos’è la Chiesa.

 

«Cristo è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri» (Eb 9,11). Per riconciliarci con il Padre e tra di noi, egli ha offerto se stesso, ha sancito l’Alleanza di amore sigillandola con il proprio sangue.
Il sangue di Cristo, vero Dio e vero Uomo, in quanto sangue umano è sparso nel dolore e nell’angoscia, nell’Orto degli ulivi e sulla Croce, ma, essendo anche sangue divino, ha il potere di redimere, di santificare, di purificare veramente le nostre coscienze. Una sola goccia di questo sangue – come si canta nell’inno Adoro te devote – può lavare tutto il mondo.

 

Celebrare la memoria della Beata Vergine Maria del S. Rosario significa fare festa in famiglia contemplando insieme con Maria, in un’atmosfera di dolcezza e di pace, le grandi cose che Dio ha fatto per noi.

Il Santo Rosario, infatti, ci fa ripercorrere la via della salvezza nei diversi aspetti del mistero di Cristo e insieme ci fa entrare in comunione con tutti gli uomini nelle loro differenti situazioni esistenziali. Ecco perché è una preghiera da recitare nel cuore della Chiesa e con il cuore della Chiesa - vale a dire anche con il cuore di Maria - ossia pensando a tutti. Se lo si recita con fede e attenzione, esso ha come primo effetto di non lasciarci rinchiusi nella nostra angusta individualità, preoccupati soltanto di noi stessi, ma ci porta “fuori di noi”: è come una lunga e dolce catena che ci lega al cielo e alla terra.

Segno dell’amore di Dio e della comunione trinitaria, il matrimonio rende l’uomo e la donna partecipi della fecondità di Dio, comunica loro la grazia e la gioia del dono nella reciprocità.

Rivolta a comunità cristiane che soffrono persecuzione e sono tentate di venir meno nella fede, la prima lettera di Pietro vuole infondere coraggio nei credenti, dare loro speranza, consolarli. Essa si rivela dunque particolarmente eloquente anche per noi che, pur non subendo aperte ostilità, tuttavia respiriamo un’aria inquinata di paganesimo, di idolatria, siamo immersi in una mentalità in netto contrasto con il Vangelo e rischiamo di morire di asfissia senza che ce ne accorgiamo.
In particolare, per ravvivare il nostro “sentire cum ecclesia”, il nostro senso ecclesiale, importanti si rivelano le ultime raccomandazioni che l’apostolo rivolge ai presbiteri, cioè agli anziani responsabili della comunità, ai giovani e a tutti i fedeli, riprendendo e sintetizzando i temi svolti negli altri capitoli della lettera.



Dire san Gennaro è come dire Napoli e viceversa, poiché da moltissimi secoli il culto di questo martire è tenuto vivo nella diocesi principale della Campania con indefettibile fervore di fede.

Gennaro era vescovo di Benevento durante l’impero di Diocleziano (IV sec.), in un tempo di accanita persecuzione della Chiesa. Durante un viaggio per visitare una comunità, fu arrestato vicino a Pozzuoli per essersi incontrato con il diacono Sossio pieno di zelo apostolico, e subì la stessa condanna a morte.

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