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Ecco, ora il tempo favorevole… E ancora: È ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno».

Il tempo è una realtà che ci fa comprendere e sentire tutta la fragilità della nostra vita umana, terrena Il tempo ci consuma fisicamente, ma noi siamo creati per l’eternità.

Tuttavia non bisogna pensare che il tempo ci sia “nemico”; sono assurdi tutti quei comportamenti che vogliono – inutilmente del resto – combattere contro il tempo, sentendolo come un avversario, perché anche il tempo è dono di Dio, che ce lo ha dato come un mezzo di “trasporto” verso la mèta.

In questi giorni si  vive  – e bisogna dire che ancora si andrà avanti per un bel po’ – il “carnevale” che molto spesso non è più solo un momento di festa per entrare nella Quaresima, ma è ormai quasi ovunque diventato uno stordimento per non pensare a ciò che non passa e godere al momento le gioie di questo mondo che passa, come dice san Paolo: «perché passa la scena di questo mondo!». Si tenta di afferrare e di godere questa scena, di non perdere l’occasione di gustarla, ma siamo creati non per la scena ma per la realtà. Sulla scena si recitano delle vicende e delle avventure, ma la realtà la si vive. (Ricordiamo che nell'Arcidiocesi di Milano e altre zone che osservano il calendario del Rito Ambrosiano la Quaresima ha inizio la domenica successiva al mercoledì delle Ceneri del Rito Romano)

Nella sua prima lettera ai Corinzi san Paolo parla in modo particolare del valore che ha la nostra vita, nelle sue diverse vocazioni, davanti a Dio, e quindi per l’eternità, perché la vita di tutti è orientata all’eternità.

In questa lettera egli parla della verginità e del matrimonio: entrambi sono un valore, se vissuti come ricerca di Dio e attenzione a Lui, come mezzo per andare a Lui e per vivere pienamente la vita che non si corrompe più, che non si lascia “consumare” dal tempo, ma cresce nel tempo verso la pienezza.

Chi vive nella verginità anticipa la vita del cielo, la vita eterna; ma non per questo – dice san Paolo – non è da apprezzare il matrimonio, quando è vissuto bene e nella fedeltà, nella sobrietà, con tutte le virtù. Anzi, egli aiuta a comprendere bene quali siano le tentazioni che possono esserci nella vita matrimoniale, affinché, conoscendole, si vigili con attenzione: e l’aspetto principale che sottolinea come “differenza” tra verginità consacrata e vita matrimoniale è che la prima è già in questa terra un anticipo del cielo, mentre la seconda è, per così dire, più radicata nel mondo e può rischiare di essere soffocata dal mondo, dalla sua mentalità, dalle sue “preoccupazioni. Scrive perciò l’Apostolo: «Io vorrei vedervi senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso!». Naturalmente, se non vigila. D’altronde si può avere il cuore diviso anche nella vita consacrata, se non si rinunzia ogni giorno a se stessi, al proprio egoismo, alla volontà propria.

Quello che conta, dunque, nel matrimonio come nella verginità consacrata è essere orientati a Dio e orientare a Dio tutte le situazioni e tutte le realtà della vita quotidiana, per andare a Lui, per vivere già fin d’ora in quella comunione di fede e di amore che ci fa anticipare l’eternità, il nostro futuro.

Il tempo è breve, mentre l’eternità non ha fine. Dice infatti san Paolo: «Questo vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo!».

Non amare il mondo non significa disprezzarlo, ma significa non mettere nelle cose di questo mondo tutta la nostra attenzione, tutto il nostro desiderio, come se la realtà terrena fosse quella definitiva. No, bisogna vivere in questo mondo, tendendo a ciò che rimane per sempre, attraverso tutto quello che qui si fa, attraverso tutto quello che qui accade, quindi assumendo responsabilmente la vita e la storia.

Anche san Leone Magno, in uno dei suoi sapiente discorsi, ha delle intuizioni, delle espressioni che ci aiutano a capire come a distaccarci dalle cose di questo mondo che passa e a orientarci bene su ciò che non passa. Ricordando il passo di san Matteo: «Stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita» (Mt 7,14), ci dice che bisogna rinunziare alle soddisfazioni immediate, a possedere con avidità i beni terreni; se noi cerchiamo di possedere le cose di questo mondo, di godere egoisticamente delle cose di questo mondo, rimaniamo imprigionati e non abbiamo la forza – e la gioia che ne consegue – di vivere nella prospettiva dell’eternità in comunione con Dio. Dice san Leone Magno: «Due sono le passioni da cui è mossa la nostra volontà, così diverse tra loro. L’anima, che non può esistere senza amare, o ama Dio, o ama il mondo. L’amore verso Dio non è mai troppo; nell’amore del mondo, invece, tutto è pericoloso. Bisogna avere di mira così decisamente i beni eterni, considerando invece caduchi e passeggeri quelli temporali».

La meditazione sul valore del tempo e su come viverlo, in questi giorni è quanto mai provvidenziale e necessaria, perché sono tante le tentazioni di sfuggire alla consapevolezza e di non soffermarci a meditare sulla realtà che passa, sul valore delle cose. Noi gemiamo per ciò che passa, mentre dovremmo sapere gioire per ciò che viene: il Regno di Dio che viene in noi, se noi lo vogliamo, se ci apriamo ad accoglierlo. Tutto il nostro intento, il nostro desiderio e impegno dovrebbero essere orientati a cercare, attendere e accogliere il Regno di Dio in noi, e quindi Dio stesso in noi, perché la sua vita diventi la nostra vita, sull’esempio di san Paolo che poteva dire: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). Dobbiamo anche noi tendere a questo, fare in modo che Cristo viva in noi; allora c’è già l’eternità, c’è già la gioia di essere sempre con il Signore e questa sarà la gioia che ci sarà data per l’eternità, se saremo fedeli fino alla fine nel cercare il volto di Dio.

Qui sulla terra siamo stranieri e pellegrini, ricordiamocene! Altrimenti cerchiamo di conquistare la terra per abitarla sempre, ma questo è impossibile: il tempo inesorabilmente passa, però lo sentiamo come nemico soltanto se non abbiamo davanti l’orizzonte dell’eternità, se non tendiamo a Dio.

Nella vanità di tutte le cose che passano e nella generale sconsideratezza di tanti modi di vivere senza pensare a Dio, senza pensare a quella che è la vera sorte dell’uomo, noi cristiani – sia consacrati che laici – dobbiamo intensificare l’attenzione all’eterno e, pregando, renderne partecipi tutti quelli che vivono distratti, attenti e intenti nelle realtà di questo mondo, distratti e ignari di quelle realtà che invece hanno veramente valore per la nostra vita. «Noi che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo» (Rm 8,23).

Preghiamo allora gli uni per gli altri, perché tutto quello che è vero, che è buono, che è santo costituisca la nostra condotta di vita: solo così, infatti, viviamo veramente ora e per sempre.

 

M. Anna Maria Cànopi osb

 (testo tratto da registrazione della Lectio della Madre nelle  Lodi del 17 febbraio 2015)

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